Tra gli eventi dolorosi della vita, la scomparsa di persone care rappresenta una delle situazioni certamente più significative e provanti. Il lutto richiede infatti un processo di elaborazione che vede il susseguirsi di diverse fasi, ognuna delle quali rappresenta un passaggio importante per il raggiungimento della serenità.
La IADC Therapy (nata nel 1995 ad opera dello psicoterapeuta americano Allan Botkin) rappresenta un'innovativa metodologia terapeutica finalizzata all’elaborazione del lutto grave e complicato. Tale procedura è orientata a curare il dolore profondo legato alla perdita, favorendo l’elaborazione ed il superamento di vissuti quali sensi di colpa, rabbia, negazione e tristezza che spesso accompagnano il lutto.
L’IADC acronimo di Induced After Death Communication (esperienza di comunicazione con la persona perduta che avviene dopo la sua morte grazie a uno stato di ricettività indotto) ha come finalità l’aiutare il paziente a superare il dolore, restituendo l’esperienza del ricongiungimento nonostante la separazione.
Non è poi così infrequente che le persone, a seguito di un lutto, riportino di aver vissuto esperienze che faticano a definire oggettivamente: “ho sentito un forte dolore al petto e mi sono svegliata nel cuore della notte, ho saputo solo più tardi che il mio amato cugino che viveva in Germania era morto”, “la notte in cui mia madre è morta ho avuto come la sensazione che mi fosse venuta a salutare, non so spiegarmelo, sembrava un sogno ma non sono sicura che lo fosse, mi diceva che doveva partire. Mi hanno chiamata poco dopo dall’ospedale per dirmi che era mancata”, “quando vado a letto ho la sensazione che ci sia qualcuno con me, nella stanza”, “le sembrerà assurdo, ma io ho visto una sagoma che camminava verso di me, non lo vedevo bene ma sapevo che era mio padre e mi sentivo serena”, solo per citarne alcune.
Le persone che sperimentano tali vissuti (ADC spontanee) riportano una certa difficoltà nel raccontare e condividere con gli altri le loro esperienze: tali fenomeni in effetti difficilmente si spiegano alla luce delle sole regole della razionalità, tanto care alle culture occidentali. Eppure, la letteratura scientifica descrive da anni i fenomeni di connessione spontanea con i defunti che si riscontrano in esperienze come le Near Death Experience (NDE: Esperienze di Premorte).
Se le esperienze soggettive di contatto con il defunto (ADC spontanea o NDE) avvengono spontaneamente e in momenti non prevedibili, durante la seduta psicoterapeutica questo tipo di esperienza può essere indotta da un soggetto esterno - terapeuta abilitato all’utilizzo di questa metodologia - a chiunque abbia vissuto un lutto.
Ma tali esperienze possono essere considerate “reali?”
Questi fenomeni sono da anni oggetto di interesse da parte di ricercatori che, mediante l’utilizzo di specifica strumentazione (misurazione energetica-vibrazionale) hanno potuto verificare l’esistenza di una variazione nel Campo Energetico Vibrazionale del paziente prima, durante e dopo il trattamento IADC. Ai fini terapeutici non appare poi così rilevante definire oggettivamente se l’esperienza IADC abbia a che fare con la verità del fenomeno o meno poiché ciò che emerge dagli studi comparativi è che le persone che accedono a questo tipo di trattamento riportano risultati positivi e superamento dell’evento luttuoso in tempi minori e con mantenimento dello stato di benessere che permane nel tempo.
La seduta di terapia con IADC si svogle come una normale seduta psicoterapeutica. Nello specifico si invita la persona a entrare in contatto con il dolore legato alla perdita mentre avvengono le stimolazioni bilaterali (attraverso il canale tattile), come accade durante le sedute EMDR. Una volta raggiunto l'apice del dolore legato alla perdita, l'emozione dolorosa inizia a decrescere fino al raggiungimento di uno stato di progressiva calma, che precede l'induzione vera e propria e quindi l'esperienza ADC.